650 mq di nuovo storytelling urbano affidato alla street art e dedicato alla Memoria firmato da Alice Pasquini / UNO, Alessandra Carloni, Collettivo 900, Krayon, Jerico, Claudio, Dez.Midez, Lola Poleggi, Lus57, Marta Quercioli, Olives, Orgh, Zara Kiafar.
Curatore: Gojo.
Istituto Comprensivo Poggiali-Spizzichino – plesso Di Giacomo Via Salvatore Di Giacomo -Municipio VIII
Dal 5 maggio 2021 Roma avrà un nuovo monumento alla memoria, un monumento contemporaneo, in grado di far incontrare vecchie e nuove generazioni, raccontando la storia della città attraverso il linguaggio della street art e regalando al territorio 650 mq di storytelling urbano.
E’ il nuovo progetto nato da Dominio Pubblico e la curatela di Gojo, “MA®T – Millennials A®T Work – annualità 2020” che, forte della “matita” di 14 artisti ha ridipinto e ripensato i muri dell’Istituto Comprensivo Poggiali-Spizzichino, all’interno del Municipio VIII, raccontando a colori la città e i suoi ricordi. Le attività sono state realizzate con in collaborazione con Retake Roma, che con i suoi volontari ha facilitato il recupero dell’area e l’interazione tra attori del territorio, studenti e artisti.
Roma, Territorio, Narrazione attraverso i fiori della Memoria: questi i temi affrontati e trasformati in opere d’arte permanenti, murales dalle caratteristiche, dagli stili e dall’approccio differente affidati ad Alessandra Carloni, Alice Pasquini / UNO, Claudio, Collettivo 900, Dez.Midez, Jerico, Krayon, Lola Poleggi, Lus57, Marta Quercioli, Olives, Orgh, Zara Kiafar e Gojo. Un’occasione di riqualificazione e rigenerazione urbana per disegnare sui muri un capitolo della nostra storia condivisa, facendo dialogare tra loro le diverse generazioni e compagini sociali.
Dopo “Cantieri San Paolo”, Dominio Pubblico torna con “MA®T – Millennials A®T Work” a proporre una nuova visione di tessuto sociale e cittadino, scegliendo come teatro il quartiere Montagnola, simbolo della Resistenza, dove la memoria permea muri e strade. Un modo per proporre nuovi percorsi cittadini, affidandoli a una squadra di artisti, alcuni già affermati di fama nazionale e internazionale, altri emergenti e appartenenti al territorio: romani simbolo della nuova romanità, in una virtuosa collaborazione tra nuove istanze sociali e istituzioni.
Ogni artista ha lavorato su un fiore, ogni artista ha proposto una sua visione della città attraverso un’immagine che da personale diventa simbolo universale, con un particolare occhio alle donne della memoria: sognatrici, rivoluzionarie, protagoniste.
Progetto di Dominio Pubblico con la curatela di Paolo Colasanti in arte Gojo, “MA®T – Millennials A®T Work” è promosso da Roma Culture, è vincitore dell’Avviso Pubblico Contemporaneamente Roma 2020-2021-2022 curato dal Dipartimento Attività Culturali.
MA®T – Millennials A®T Work dal 5 maggio sarà Open MA®T: la staffetta di eventi aperti al pubblico per scoprire da vicino le opere e la riqualificazione urbana con virtual tour e laboratori a cura di Dominio Pubblico e Retake Roma.
Mercoledì 5 e venerdì 7 maggio alle ore 17.00 il pubblico potrà avvicinarsi alle opere e ai suoi creatori con Anima Urbis: virtual tour, a cura di Dominio Pubblico in collaborazione con Monoscopio – diretto da Giacomo De Angelis e con la partecipazione dei Troopers U25 di Dominio Pubblico. Ogni replica del tour presenterà nuovi ospiti e attori sociali del territorio di riferimento. Il 6 maggio dalle 11.00 alle 13.00 spazio alla rigenerazione urbana con Retake A®T Work laboratorio di recupero e valorizzazione del territorio a cura di Retake Roma – condotta da Paolo di Pasquale.
Le opere
“Oltre la corazza” di Alessandra Carloni
Una ragazza sogna di volare a dorso di una tartaruga, e sognando ricorda la sua città, il suo quartiere, sogna di sorvolare le case e scrutando tra le abitazioni di oggi, guardare indietro, vedersi bambina mentre gioca in strada tra i palazzi, i profumi di una volta, i suoni che le erano familiari. Ricorda come tutto era, ma vede anche come non è più. Ricorda tante cose che oggi sono cambiate. Sopratutto le manca la natura, di cui prima la sua città era piena e che adesso vi è molto meno. La tartaruga, essendo un animale molto longevo e che può portarsi appresso la casa, ma, al contempo, molto a rischio estinzione, simboleggia proprio questo: il rapporto tra la casa e la sua trasformazione, la natura ed il suo essere prima molto presente ed ora sempre più a rischio, ed il tempo che scorre, è uno spirito del tempo che tutto ricorda.
Alessandra Carloni Nasce a Roma nel 1984, dove vive e lavora.
Si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2008 e si laurea nel 2013 in Storia dell’arte contemporanea, presso l’Università “La Sapienza”. Dal 2009 inizia la sua attività come pittrice e artista, esponendo in personali e collettive in gallerie di Roma e in altre città italiane, vincendo diversi premi e concorsi. In parallelo inizia la sua attività anche come street artist, realizzando opere murali in diverse città e borghi italiani e all’estero, vincendo premi e riconoscimenti.
“La Pittrice”di Alice Pasquini.
Lei dipinge, immersa nei suoi pensieri, nei suoi ricordi. Dipinge giochi di carta, con cui giocava da bambina, e dipinge il mondo che la circonda, il mondo che ricorda.
Questi giochi prendono la forma di uccelli, e volano via, come volano via i ricordi, i pensieri, le esperienze, il tempo, “tutto scorre come un fiume”. Dipingere ci aiuta a ricordare, a mantenere vivo un pensiero, a rimembrare un’evento passato, la pittura, dall’alba dei tempi, racconta i ricordi, ferma l’attimo.
Alice Pasquini. Romana e laureata all’Accademia di belle arti di Roma. Street artist, tra le più importanti esistenti, pittrice, illustratrice e scenografa. Ha sviluppato nel tempo diversi filoni di ricerca, dalla narrazione della vitalità femminile alle installazioni con l’uso di materiali inconsueti. Internazionalmente rinomata, nel corso della sua carriera ha realizzato innumerevoli opere murarie per diverse città italiane e straniere come: Marsiglia, Parigi, Amsterdam, Londra, Berlino, Oslo, New York, Buenos Aires, Yogyakarta, Napoli e, naturalmente, Roma.
“Il ricordo che vola via” di Claudio. Erano fiori, bellissimi e delicati, i quali petali si perdevano nel vento. Oppure no, erano uccelli, meravigliosi, colorati, che volavano tutt’intorno a me.
La memoria è labile, il ricordo può svanire, oppure può modificarsi, perchè quello che ci resta, spesso, è solo la percezione di un attimo, di un momento preciso, ma dai contorni e dagli elementi sfumati, che non riusciamo a ricordare con precisione. Il ricordo si trasforma, e diventa un sogno.
Per questo serve raccontare la memoria quand’è ancora viva, trascrivere i propri ricordi, le proprie memorie, per le prissime generazioni, prima che il tempo le modifichi,
li faccia perdere o volare via, prima che gli anni li facciano sfumare in qualcos’altro.
Claudio 25 anni, romano, laureato a pieni voti in grafica multimediale.
Roma lo ha sempre affascinato, coi suoi particolari, i suoi dettagli, che, sin da bambino, non poteva fare a meno di guardare, rimanendone affascinato e voglioso di riprodurli
e reinterpretarli, come i fiori, che da piccolo disegnava in continuazione, perchè li vedeva intorno a se, e nei particolari archeologici, nei fregi, di cui la città è piena.
Questa passioni per i fiori e le composizioni floreali lo hanno portato a cercare concetti, racconti che potessero essere così rappresentati su carta e su muro, riempiendoli di colore, facendoli sembrare un’infiorata, o, più che altro, una ikebana.
“Il ricordo fotografico” di Collettivo 900. Una donna guarda un film, “La finestra sul Lunapark” di Comencini, ed allora cominciano i ricordi, quelli legati a quel film, ma anche le sensazion che le suscita ricordandole come era il suo quartiere, sia tramite le immagini che lo riguardano nel film,
sia attraverso i ricordi che le fanno scaturire. Il volto dell’attrice Giada Rubini le ricorda la madre, non si assomigliavano, neanche un poco, ma le stimola i ricordi, e le fa ripensare a lei. Troneggia un monumentale NOVECENTO, che ci riporta a quel periodo di metà secolo scorso
quando il quartiere iniziò ad urbanizzarsi, e sorsero le palazzine, e tante case.
La campagna si riempì e divenne città. Lei ricorda ciò che prima le era intorno e che oggi non c’è, le scappa un sorriso, e pensa a ciò che sarà in futuro, perchè sa che è bello abbandonarsi ai ricordi, ma anche alle speranze, ed i luoghi mutano, e, se ben lavoriamo, non potranno che mutare in meglio.
Collettivo 900. Dai primi graffiti sui muri, ai poster ispirati alla grande cinematografia trale strade della città: è così che Leonardo Crudi ed Elia Novecento(classe ’88 ed ’89), in arte Collettivo 900, colorano ed inebriano Roma di una poesia costruttivista ed avanguardista. La strada è per loro
un elemento fondamentale, agisce da teatro per i loro manifesti, che fanno capolino tra pubblicità, scritte, cartelloni elettorali e caos cittadino,
donando al fruitore istanti di ordinata policromia.
Un idioma poetico che ritorna ai maestri della San Pietroburgo di un secolo fa, raccontandoci memorie di storie passate sopra i nostri ed altri schermi.
“Ancora in sella” di Dez.Midez. Lei pedalava, pedalava forte, altri correvano, per portare messaggi, ordini, risorse, per salvare persone dalla morte certa, per combattere al fine di poter vivere una vita libera e normale, una vita non sottoposta al giogo nazional-reazionario, che deumanizzava le persone che le considerava nemiche dalla nascita, ed addossava colpe inesistenti. Pedalava, e resisteva, pedalava forte, perchè non si spegnesse la luce della speranza, dell’avvenire di un mondo più umano, e più giusto, più libero e lieto. Se oggi abbiamo questa memoria, è anche grazie a chi ha pedalato e chi, ancora oggi, pedala, per mantenerla viva e tramandarla.
Dez.Midez nasce a Roma nel 1983. Diplomatosi al liceo artistico, scopre il mondo dei graffiti che lo accompagnerà per diversi anni nella sua espressione artistica. Sceglierà poi una linea più intimista, prediligendo il figurativo in una collezione di tele dall’impronta espressionista. Nell’ultimo anno si avvicina alla streetart partecipando a diversi progetti ed eventi, anche con Dominio Pubblico.
“Fiori Gialli” di Jerico. Sono li, ammucchiati, tutti vicini, confusi tra di loro, sfocati sono i fiori, gialli, ma sono anche i ricordi, i pensieri, la memoria. Passa il tempo e sempre più si sfoca e si confonde, ma è anche sempre intensa nelle sensazioni che ci provoca, come intensi sono i colori dei crochi, dei mughetti, dei non ti scordar di me. Il CROCUS GIALLO, il fiore dello zafferano, è stato come simbolo della Shoah d all’Holocaust Education Trust Ireland (fondazione irlandese per l’insegnamento sull’Olocausto) per la sua forma, molto simile a quella di una stella, ricordando la stella di david gialla che gli ebrei furono costretti a portare durante l’oppressione nazifascista.
Jerico. Jerico Cabrera Carandang si trasferisce in Italia con la famiglia, all’età di 10 anni.
Si avvicina al disegno in età infantile per poi cominciare la formazione presso il Liceo Artistico “Caravaggio” di Roma costruendo le basi della sua pittura.
Nello stesso periodo si interessa molto ai graffiti con i quali ha i primi approcci su un muro. Dal 2012 si dedica alla pittura murale perseguendo un percorso artistico votato all’espressionismo e l’indagine sulla figura umana. Nel corso degli anni ha realizzato diverse opere murarie a Roma e in altre città italiane, realizzandone per importanti musei, giardini botanici, grandi eventi, e progetti murali.
“Elementi temporali” di Krayon. Le storie ed i tempi si aggrovigliano e si mischiano, diventando
un tutt’uno, restano divisi ma sono, al contempo, la stessa cosa, suddivisi ma complementari, come tanti campi arati di tante colture diverse.
La terra arida, ocra,la terra del conflitto, la terra distrutta su cui bisognerà ricostruire, si contrappone al rosso vivo dei papaveri, che, incessantemente, continuano a germogliarvi sopra, dando speranza a chi li guarda, dandogli un’idea a cui aggrapparsi, l’idea che la vita continuerà, che la guerra finirà, che si potrà tornare a dare la vita a quei terreni, ed oggi ci ricordano quelle speranze che le persone avevano nel futuro, quella voglia di normalità quel tornare a lavorare tutti insieme, che avevano mentre erano in guerra.
I traumi lasciano anche grandi vuoti, come degli spazi trasparenti dei programmi digitali con le loro scacchiere neutre, finito il conflitto toccherà lavorare su questi traumi ricostruendo i ricordi, tornando ad avere memoria, senza che la memoria ci perseguiti. “Figlio non andare coi signori della guerra, l’arma che ti han dato puoi gettarla nella terra. È di legno buono, potrà crescere un ulivo, quando fiorirà sarai di certo ancora vivo”.
Krayon è un pixel artist italiano nato a Melfi, con base a Roma e Shenzen. Dopo gli studi in disegno industriale e grafica sviluppa un linguaggio personale con cui si contraddistingue da anni. Il pixel è l’elemento base su cui costruisce le proprie opere con pazienza e precisione. Nei suoi lavori emerge lo schema progettuale e la gestione dell’immagine nella sua complessità. Da sempre è stato influenzato dalle arti classico-scientifiche, dal neoimpressionismo di Seurat all’optical art di Vasarely.
“La percezione, il ricordo” di Lola Poleggi. Esistono cose capaci di riportarci alla mente momenti che credevamo di aver perso. Un profumo preciso, che passa nel vento in un secondo, ha il potere straordinario di catapultarci immediatamente in quella situazione, per un attimo tutte le sensazioni, le emozioni di quel momento tornano vive come se fosse ‘’presente”. Una figura femminile, dal volto sfocato, poco nitido, che si percepisce appena, colta da una fragranza, si immerge nel ricordo di una giornata di primavera passata, nella quale, sdraiata in un campo di papaveri, tra l’odore dei fiori e l’erba fresca, trovava contatto con la natura ed il suo Io più intimo.
Ed oggi, basta un papavero che sbuca dal cemento, per ricordarle che è libera.
Lola Poleggi Nata a Roma, da sempre studiosa del mondo dell’arte, si è specializzata
in discipline grafico visive al liceo artistico per poi approfondire gli studi di illustrazione presso la Scuola Internazionale Comics, conclusa la quale, intraprende il mestiere di illustratrice. Tatuatrice artistica e para medicale, lavora in diversi studi di Roma. Dalle sue opere traspare una poesia malinconica, dolce e reminiscente, comunicando un senso di soave delicatezza attraverso raffinate figure femminili rapportate a vellutati elementi floreali.
“Pane eroico” di Lus57. In memoria di “Quirino Roscioni da Fiastra, Fornaio, padre di 5 figli. Già mutilato nella guerra del ’15-’18, insorto contro i tedeschi, qui barbaramente trucidato dopo la depredazione della casa e del forno, fusi col suo sangue.” che mise il suo forno a disposizione delle truppe italiane che si rifiutarono di deporre le armi tra l’8 ed il 10 settembre del ’43, e, quindi, di arrendersi alle truppe nazifasciste. Insieme alla cognata Pasqua D’Angeli Ercolani, madre di 4 figli, ed allo studente Luigi Perna vennero trucidati da una scarica di mitra,davanti la chiesa de La Montagnola.
La romana rosetta, richiamando il forno, diventa La Montagnola mentre gli acrobati, forti e senza timore alcuno, sono la forza derivante dalla unione del popolo.
Lus57 opera nella strada dalla metà degli anni ’70 mediante performances e graffiti sociali. Il suo è un progetto di arte circolare. La storia finisce negli archivi nelle biblioteche, oggi nel web, e nessuno più la ricorda. Ebbene Lus57 dipinge le vicende dei luoghinei luoghi stessi, raccontando storie ormai dimenticate, dando una nuova visione di luoghi che pensavamo essere familiari e di cui credevamo di sapere tutto.
“Non ti scordar di me” di Marta Quercioli. Il passato, sempre più sfuggente, si lega al presente in un abbraccio. Il presente cerca di trattenerlo, con forza e decisione, ma dolcemente, perchè ha timore che fugga, contro ogni volontà, ma, purtroppo, il passato, man mano, scivola via.
I Crocus chrysanthus ed i Myosotis, a simbolo delle vittime del nazifascismo, si perdono nel vento, come anche, sempre nel vento, si persero moltissime persone, le loro vite, le loro storie, i loro ricordi, i loro sentimenti, i loro amori.
La memoria è come un giardino meraviglioso, ma va curata costantemente per tenerla viva.
“Ad Auschwitz c’era la neve, Il fumo saliva lento Nel freddo giorno d’inverno E adesso sono nel vento”.
Marta Quercioli nasce a Roma nel 1989. Diplomata presso il Liceo Classico Plauto, dopo un percorso universitario presso la facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, consegue con lode i Diplomi Accademici di I e II livello in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma.
Il suo percorso di ricerca artistica, spaziando dalla pittura, alla performance alla scultura, va consolidandosi attorno a una duplice indagine compositiva e concettuale fortemente influenzata sia dalla formazioneumanistica che da quella scientifica.
“Rosafante” di Olives. Passeggio su di un prato, un prato fiorito, meraviglioso,
un prato con dei sentieri che si snodano in mezzo a migliaia di papaveri. Tra le nuvole gialle e temporalesche, sotto il cielo stellato, scorgo un quartiere, coi suoi alti palazzi, e la sua chiesa, si trova su di un piccolo monte, che solo poi capisco essere un enorme elefante.
Tra me e me penso che dev’essere un luogo dove nulla si dimentica, perchè so che gli elefanti hanno una memoria di ferro.
Sulla mia strada, tra i papaveri, sotto il cielo stellato, con le sue nuvole pesanti e leggere, mi avvio verso casa. Anche io vorrei vivere su di un elefante, come fosse un monte per non dimenticarmi mai di questo luogo, delle sue storie, di ciò che ha da dire.
Olives. Emanuele Oliveri, classe 1993 è un illustratore freelance e street artist. Ha fondato la serigrafia Helter Skelter, ha più volte dipinto a Ventotene e collaborato con molte importanti realtà sociali romane. Lavora illustrando libri per bambini e videogiochi. Un racconto fiabesco animato da balena colorate, enormi pesci negli abissi, mongolfiere e trombe volanti. L’Illusione, il sogno, la magia. Sembra di essere catapultati dentro la tana del bianconiglio in unmondo sottosopra, dove il cielo è il mare.
“Arrivano i nostri” di Orgh. Le lettere vengono decostruite, mantenendo una struttura di base ma perdendo la loro funzione fonetica, si trasformano in un’opera astratta, un vetro rotto,
una lente attraverso cui guardare la storia. E li, ecco apparire un carro armato alleato, poi laggù, del fumo, devono esserci stati degli scontri. Vediamo dei nazifascisti fuggire, urliamo, ma nessuno ci ascolta, perchè l’opera è una finestra che ci permette di vedere ciò che è stato, con la storia non si può interagire, non la si può cambiare, la si può solo ricercare e conservare, traendone lezioni importanti, usandole per costruire un mondo che sia alla portata di tutti, che sia un luogo dove mai più vedere eccidi, ne bombe, ne persecuzioni…
Questo almeno è quello che ci auguriamo ed a cui quotidianamente dovremmo lavorare.
Orgh nasce nel 1983 a Roma, dove ha frequentato l’istituto d’arte.
Da bambino già molto interessato all’arte, si interessa anche ai graffiti guardando i pannelli dei treni dipinti mentre andava al mare e fotografando i vari writers dell’epoca alle Jam capitoline.
Nel 1996 inizia ad approcciarsi al graffiti writing nel suo quartiere. I suoi graffiti sono caratterizzati da lettere sapientemente decostruite per assomigliare a meravigliose figure astratte o a moderne architetture ricordando le forme quali il Vanke Pavilion o il Tančící dům.
“Increspatura” di Zara Kiafar. Il tempo scappa incessantemente,e noi,in ogni istante,
viviamo contemporaneamente sia nel presente che nel passato. La nostra immagine di oggi convive con quella del nostro ieri, e quella del giorno prima ancora, ma tra di loro non possono toccarsi, ma solo guardarsi, e la più giovane vede, pian piano, le altre affievolirsi. Ma le memorie sono sempre li, aspettano sempre solo che possiamo ritrovarle.
Zara Kiafar. Nata in Iran nel 1997. Diplomata al liceo artistico in di Animazione, dal 2017 vive in Italia e studia Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Ha esposto in diverse mostre ed eventi, come l’Arezzo Crowd Festival, ma anche in altre città, come Castiglion Fiorentino, e naturalmente a Roma, presso la Up Factory Gallery, ed ancora con Dominio Pubblico, per il quale ha sia esposto che dipinto muri. La sua ricerca è basata su figure femminili, sopratutto donne persiane, che prendono coscienza della loro situazione di vita e lottano per migliorarla, i loro sogni, le loro esperienze di vita, i pensieri, gli amori, i desideri, i sogni. Esse sono immerse in fantasie floreali riprese dai tappeti persiani, perchè non rinnegano la loro cultura, ma solo la propria condizione.
Paolo Colasanti, in arte Gojo è il curatore e coordinatore artistico dei progetti MA®T – Millennials A®T Work per Dominio Pubblico. Artista e writer, dal 2007 cooperante con il comune di Roma, ed altri enti istituzionali, per svariati progetti artistici e sociali. Ha studiato presso l’università di architettura di Valle Giulia.
Appassionato di storia ed archeologia, riporta nelle sue opere il concetto di genius loci, fondendo arte, studio del territorio, storia, archeologia e mitologia locale.
Ha lavorato per registi come Paolo Virzì e Gabriele Lavia, scenografando spettacoli per il Teatro di Roma, il Gran Teatro “San Carlo” di Napoli e il Gran Teatro “La Fenice” di Venezia. Ha lavorato per importanti enti quali: Giro d’Italia, Enel, Anas, World FoodProgramme e Istituto di Cultura Italiana in Russia.